Pseudonimo di Zhou Shuren, scrittore cinese. Dal 1901 fu in Giappone, per compiervi studi di medicina, interrotti nel 1909, quando fece ritorno in patria e scelse l’attività letteraria. Dal maggio 1918 collaborò a «Xin Qingnian» (Gioventù nuova), la principale rivista del movimento per la nuova cultura. Aderì al Movimento del 4 maggio, di cui fu la personalità letteraria più eminente. Insegnò nelle università di Pechino, Amoy e Canton. Dopo i massacri del 1927 si dimise e si ritirò a Shanghai. Dal 1930 fece parte della Lega degli scrittori di sinistra. Nemico delle «avanguardie letterarie» e dei falsi rivoluzionarismi culturali, appoggiò la rivolta degli studenti e dei giovani intellettuali, avendo chiari i limiti dell’opera artistica ai fini politici e, al tempo stesso, affermandone la specificità. Autore di alcune raccolte di racconti, di pochi versi e di numerosissimi saggi, L.X. è uno fra i maggiori scrittori cinesi del XX secolo. Ha dato un contributo decisivo alla formazione di uno stile letterario nuovo e di una lingua parlata di altissimo livello. Nei saggi ha fatto uso di violenta ironia, diretta contro l’intera tradizione cinese e molti letterati, oltre che contro gli avversari politici. Conoscitore e traduttore degli scrittori europei, non si è mai trasformato, tuttavia, in un apolide culturale. La sua opera mantiene infatti la continuità con il passato richiamandosi in modo non demagogico alla realtà del popolo e puntando sul rigore dello stile. Tra le sue opere si segnalano Alle armi (1923), Errare incerto (1926), Storie rivisitate (1935) e i frammenti di Erbe selvatiche (1926), un condensato di sperimentazione stilistica e linguistica al confine tra prosa e lirica, da annoverare tra le pagine migliori della letteratura cinese moderna. Il racconto Diario di un pazzo (1918) è una denuncia della disumana moralità della Cina feudale, definita cannibalesca, condotta attraverso l’allucinato diario di un intellettuale convinto che verrà divorato dai propri familiari. Nella lunga novella La vera storia di A Q (1921), L.X. tratteggia l’archetipo spirituale del popolo cinese: un contadino nullatenente e parassita, retrivo e vanaglorioso, che si getta nella «rivoluzione» per opportunismo e viene giustiziato senza rendersi conto della propria sorte.